Nel clima avanguardistico dell’Italia di fine anni ’60 si sviluppa una corrente detta Poesia Visiva o Visual Poetry, che si pone l’obiettivo di scardinare il linguaggio standardizzato della comunicazione visiva e del linguaggio, attraverso una estremizzazione del segno grafico e un uso anti-precostituito dell’immagine pubblicitaria. In questo senso significante e significato perdono il loro senso originario verso una nuova libertà di espressione, in un connubio tra fisicità ed emotività, quotidianità e intimità. Anna Boschi si inserisce a pieno titolo come artista poetico-visiva all’interno di questa corrente di sperimentazione, proponendo lavori che fanno della parola stampata e scritta, e delle immagini “comuni, la base per astrarre e contemporaneamente creare nuovi collegamenti e significati. Nata a Bologna, dove tuttora vive, quest’artista lavora su linea, colore e immagine, utilizzando tecniche diverse, dal collage alla colatura del colore “pieno” quasi informale, dai libri d’artista alle installazioni, su diversi supporti e materiali come legno e juta. La sua ricerca, che dura da più di quarant’anni, volge lo sguardo al mondo della comunicazione, utilizzando i suoi stilemi ma capovolgendone il senso, utilizzando l’ironia e la critica sottile per mettere in discussione l’iconicità diretta del segno-immagine e della parola. Nelle sue opere ritagli di giornale e figure perdono il loro significato originale e, unendosi alla parola scritta a mano, rivelano una nuova intimità e profondità. Si potrebbe parlare di appunti privati di un diario segreto che l’artista mette a disposizione di chi saprà interpretarne il contenuto, svincolato da un tempo e da uno spazio, estratti liberamente dall’inconscio. Anna Boschi non manca di citare e chiamare alla memoria poeti e artisti a lei vicini, da Neruda a Pessoa, da Perec a Hesse, Guillermo Deisler e Jiří Kolář. I suoi lavori rivelano una dimensione femminile e delicata. Una raffinatezza e eleganza che riportano alla sensibilità dell’artista: le sue opere sono infatti lo specchio della sua anima, riportano i segni del suo passaggio e del suo intelletto. A partire dai lavori degli anni ’70 dove si predilige una linea informale, di ritagli, strappi e frammenti, con un uso del colore dominante e istintivo, l’artista emiliana nel corso della carriera attua via via uno “svuotamento” della superfice, fino ad un uso del nero pieno, delle linee rette e dei cerchi perfetti. L’immagine e la parola diventano parte di un mondo interiore, che sulla tela arrivano come segni di pura sintesi. (Margherita Maccaferri – dal catalogo “Segno intimo – la poesia visiva di Anna Boschi”, 2015)
…….Quasi piccole isole, punti di partenza, di appoggio, per spostarsi poi su superfici dipinte, geometricamente definite che indugiano ancora sul colore.Ma i toni delicati di viola, malva, lilla trasmutano gradualmente in grigi morbidi sempre piu’ leggeri e trasparenti, scolorati fino al bianco che non è piu’ la somma di tutti i colori, ma piuttosto un non colore, un vuoto dove poter cercare senza ombre. Una mappa senza tracce di terre emerse, dove un nuovo percorso possa iniziare al di là dei limiti geografici. In questo campo del non colore, individuiamo la struttura nuda del progetto stesso di quella ricerca, cenni di punteggiature o tratteggi, e qualche tenue scrittura…… (Carmelo Giummo – dal catalogo “Geography, Alice! “Beyond”, 2013)
.…Nel suo lavoro Anna Boschi sfrutta in un unico contesto le potenzialità espressive della parola in relazione all’immagine, che viene creata con la tecnica del collage. “Traccia segni geometrici in aree aperte quasi ad indicare spazi infiniti sulle grandi tele delimitate agli angoli da molteplici immagini collage che ne determinano gli equilibri spaziali” (A. DeStefani)
….Con il suo ricorso alla parola e alle immagini della comunicazione di massa, la Boschi sembra voler creare un moderno linguaggio per colmare la distanza fra opera d’arte e spettatore e attraverso il collage si forma il corrispettivo di quella comunicazione veloce, frammentata e diretta che è propria della nostra epoca. Il collage infatti è la tecnica piu’ adatta a questo, perchè consente un impatto immediato con l’opera e ha anche un elevato grado di decifrabilità consentendo anche di riflettere sulle moderne comunicazioni offerte dai mass media. Nell’opera così costituita la parola acquisisce un ruolo importante, perchè passa da semplice stilema grafico a elemento simbolico. La parola cioè va oltre, beyond, la parola stessa, riscattando una sua fisicità, diventando una “parola-oggetto”: dal significante (la sequenza di fonemi o grafemi di una parola) al significato (l’immagine mentale che noi abbiamo di quella parola). Concludendo, queste tele possono essere concepite come pagine, strumenti di una struttura verbo-visiva in cui la nostra coscienza della realtà e delle cose possa stupirsi…… (Lucia Majer, 2013)
...Oggi con i progetti IN-CONSCI, il tempo sembra che voglia davvero dilatarsi a dismisura con la materia che si trasforma con il conseguente affioramento di “sottili incanti” che contagiano compiutamente gran parte dello spazio pittorico. Un procedere decisamente assorto verso un altrove possibile; con le “Geography Maps” il dilatarsi dello spazio e del tempo incorporano opportunamente tracce e frammenti di essenza in-conscia tra un divenire essenzialmente mobile, in un rapporto di pura e collaborativa integrazione. Un tempo era la grafia e l’apparizione, ora è il colore e lo spazio dilatato “noosferico” a interessare l’artista emiliana. Prima era il sudario e l’oscuro mistero, ora è la geografia degli spazi dilatati che diventano luoghi di interesse e d’indagine conoscitiva. Nelle ultime opere, inoltre, si notano in prossimità delle periferie delle tavole, zone di collage tra immagine e parola concepite come momenti provvisori di stasi prima di un nuovo e altro incedere dentro la superficie dell’opera. Tracce e grafie, quindi, definite come memorie di tempo evanescente, mappe geometriche e nel contempo geografiche che si dilatano a dismisura in superfici che sembrano distese infinite… (Giovanni Bonanno – dal catalogo “Tra Visual Poetry e ricerca”, 2014)