RETROSPETTIVA ANNA BOSCHI 1967-2017 – presso la PINACOTECA DELLA ROCCA SFORZESCA di DOZZA (Bologna) – Novembre 2016
ANNA BOSCHI o della pittura parlante
…Come una permanenza culturale in una società avanzata, riaffiora nella ricerca di Anna Boschi un nesso intimo tra segno pittorico e segno scritturale, una coesistenza imprescindibile come quella tra due facce del medesimo foglio. L’artista pare insinuarsi tra le due dimensioni per cercarne una terza che scaturisce dalle superfici scabre, genera screpolature, incrina certezze, produce lacerazioni, procura crepe, scava solchi, si frammenta; da essa vengono fuori brandelli di senso che si sfilacciano e intessono nuove trame di significati. La scrittura in tutto ciò ha un ruolo di primo piano: è un fondiglio prezioso e suggestivo sorto dalle patine pudiche, dalle sedimentazioni impalpabili di una liturgica vestizione dell’opera. La supposta chiarezza del messaggio assurge ad un livello di complessità meritevole, per essere compreso, di piu’ accurate indagini. A tutta prima il senso parrebbe lampante, poi prende inopinatamente a nascondersi per infine far di nuovo capolino, senza tuttavia mai palesarsi del tutto. I territori sacri in cui ha luogo questo rituale della comunicazione sono superfici per la scrittura, atre lavagne o trasparenze anemiche…
…La componente diaristica è decisiva nell’opera di Boschi, ma non è ostaggio di un autobiografismo debordante; è piuttosto una cronaca collettiva della nostra vita, una narrazione corale del secolo, cui l’artista presta ascolto. Ciascuno vi vede la sua storia, la sua memoria, che l’artista racconta e poi conserva per noi. Nelle sue piazze ortogonali trovano spazio voci ed energie diverse. Sono suggestioni emotive, brandelli di esperienze, che tutti insieme concorrono a definire un’anima collettiva. E’ questo il vero compito dell’artista, non tormentarci con i suoi fantasmi! A ben guardare, potremmo rinvenirci un embrione narrativo, un nucleo di storie eteronarrate, cui la sensibilità di Boschi dà voce con generosità ed empatia. La sua opera è polisemica. La scrittura non è calligrafica e non è lirica: si è di fronte ad un’epigrafe folgorante e scrostata, appena intelligibile. Nonostante l’apparente chiarezza del messaggio che veicola, essa possiede un livello di complessità degno di essere indagato. Per comprenderla dobbiamo considerarla come un paratesto, un insieme regolato di sostanze anomale, verbo-testuali e grafico-visuali… (Mauro Carrera, (dalla Monografia “ANNA BOSCHI – 1967-2017″ per la Retrospettiva nelle sette Sale espositive della Rocca Sforzesca di Dozza-BO”).